Il Barolo del primo Ottocento, per via dell’incompleto svolgimento alcolico del mosto durante i freddi autunni langaroli, era un vino dolciastro, povero di corpo e di struttura.
Juliette Colbert de Maulévrier, giunta in Piemonte nel 1814 in sposa al marchese di Barolo, decide quindi di portare il vino delle sue tenute al livello dei grandi francesi tra i quali era cresciuta.
Giulia di Barolo chiama Louis Oudart, enologo al servizio dei Cavour. Questi, per migliorare la resa durante le varie fasi della vinificazione, consiglia l’uso di lieviti selezionati e l’affinamento in botti di rovere alla moda borgognona, creando così il moderno Re dei Vini.
La fama del nuovo Barolo si diffonde presto tra le file dell’aristocrazia europea, e re Carlo Alberto chiede alla Marchesa di poterlo assaggiare. Giulia allora invia in omaggio al Sovrano un convoglio di 325 carrà di Barolo (la botticella per il trasporto sui carri della capacità di 12 brente piemontesi, ossia circa 600 litri): una per ogni giorno dell’anno, esclusa la Quaresima.
Il Barolo fa così il suo ingresso trionfale anche alla corte sabauda, e fregiandosi del titolo di Vino dei Re, apre le porte di una stagione enologica ormai più che centocinquantenaria, deliziando il palato degli appassionati ed intenditori in tutto il mondo.